Ho varcato quel cancello, ho visto quello che resta dei binari che li portavano dentro e per la prima volta in vita mia ho provato una profondissima angoscia. Mi sono sentito in colpa come se fossi uno di quei "turisti dell'orrore", come li chiamano in tv, che scatta le fotografie sul luogo del delitto. Inizialmente mi sono chiesto cosa ci facessi li, perchè tutta quella gente fosse li e soltanto dopo ho capito che nonostante fosse doloroso è necessario non dimenticare per evitare che tutto quello che è successo dentro il campo di concentramento di Dachau possa, un giorno, accadere di nuovo. Ho provato ad immaginarmi al posto di uno dei 41.500 che hanno varcato quel cancello soltanto una volta, mentre camminavo per i corridori della Jourhaus (porta dell'inferno) lungo la lagerstrasse... e stavo per scoppiare in lacrime. Celle, punizioni, torture, esperimenti medici su internati sani e non, camere a gas, forni crematori. Non riesco a capire come sia stato possibile tutto questo. Non riesco a capire come sia possibile che ancora oggi esista qualcuno che possa inneggiare a folli dottrine che hanno causato tutto questo. Quello che è successo in quel luogo non è stata guerra, è stato il materializzarsi del male.
In memoria.
El Pampero
At night a candle’s brighter than the sun...
giovedì 26 aprile 2012
giovedì 19 aprile 2012
La trappola per topi
Immaginate di rinchiudere qualche
centinaio di topi in un campo di bocce, che avete provveduto a recintare
con alte pareti di legno, per tre lati su quattro. Il quarto lato – uno
di quelli lunghi – non ha bisogno di pareti, poichè subito accanto alla
sabbia c’è l’acqua di uno stagno: in quella direzione i topi non
potranno andare. Gettate nel campo un pò di cibo, che sia
sufficiente a tenerli in vita, ma non a sfamarli tutti. Quando il
nervosismo per la fame cresce, e la ricerca di cibo diventa più
spasmodica, infilate un dito in uno dei tanti forellini che avete
praticato sulle pareti di legno, e aspettate che i topi ve lo
morsichino. A quel punto urlate di dolore, prendete lo schioppo e ne
fate fuori una decina.
I topi per un momento si calmano.
Tornate
a gettare del cibo, poi riducetene la dose, lasciate che la fame
cresca, tornate a infilare il dito in un forellino, e impallinate
nuovamente quelli che ve lo morsicano. Se qualcuno protesta per
il continuo massacro dei topi, mostrategli il dito ferito, e spiegategli
che i topi devono imparare a rispettare chi li nutre. Dopo aver
ripetuto il ciclo per un pò di tempo, riducete drasticamente le
quantità di cibo, obbligando i topi ad ammazzarsi fra di loro pur di
riuscire a sopravvivere. Vedrete così che i più forti riusciranno
comunque a nutrirsi, ...
... mentre i più deboli si lanceranno con disperazione verso le pareti, cercando a tutti i costi di uscire da uno dei forellini che avete praticato. A quel punto vi trovate obbligati a rinforzare le pareti con delle lastre di acciaio, perchè i topi rischiano di scavarsi nel legno una via di uscita. Niente più forellini, niente più morsicature, niente più punizioni. Interrompete del tutto la somministrazione di cibo, e restate semplicemente a guardare. Quando lo scompiglio e la disperazione avranno raggiunto i massimi livelli, vedrete che i topi cercheranno di scavare delle gallerie sotto le pareti rinforzate, pur di uscire alla ricerca di cibo.
A quel punto chiedete gentilmente ai vostri amici egiziani di tappare quelle gallerie.
Benvenuti a Gaza.
... mentre i più deboli si lanceranno con disperazione verso le pareti, cercando a tutti i costi di uscire da uno dei forellini che avete praticato. A quel punto vi trovate obbligati a rinforzare le pareti con delle lastre di acciaio, perchè i topi rischiano di scavarsi nel legno una via di uscita. Niente più forellini, niente più morsicature, niente più punizioni. Interrompete del tutto la somministrazione di cibo, e restate semplicemente a guardare. Quando lo scompiglio e la disperazione avranno raggiunto i massimi livelli, vedrete che i topi cercheranno di scavare delle gallerie sotto le pareti rinforzate, pur di uscire alla ricerca di cibo.
A quel punto chiedete gentilmente ai vostri amici egiziani di tappare quelle gallerie.
Benvenuti a Gaza.
Massimo Mazzucco
Onore ad un Uomo
Il 15 Ottobre del 1987 venne ucciso
Thomas Sankara, il primo Presidente del Burkina Faso, durante un golpe
portato a termine da Blaise Compaoré, suo braccio destro e migliore
amico durante gli anni del proprio governo, con l'aiuto della forza
imperialista francese.
Thomas Sankara è stato un leader molto carismatico, per tutta l'Africa Occidentale sub-sahariana e viene considerato il Che Guevara africano grazie alla politica rivoluzionaria per la quale ha lottato. Come Presidente, promosse la "Rivoluzione Democratica e Popolare". L'ideologia della rivoluzione venne da lui definita anti-imperialista nel suo Discorso di Orientamento Politico tenuto il 2 ottobre 1983.
Lottò contro la corruzione, promosse la riforestazione, l'accesso all'acqua potabile per tutti e fece dell'educazione e della salute le priorità del suo governo.
Soppresse molti dei privilegi detenuti sia dai capi tribali, sia dai politici, e attraverso dichiarazioni e gesti molto chiari, applicò con grande coerenza le sue idee. Ad esempio:
Thomas Sankara è stato un leader molto carismatico, per tutta l'Africa Occidentale sub-sahariana e viene considerato il Che Guevara africano grazie alla politica rivoluzionaria per la quale ha lottato. Come Presidente, promosse la "Rivoluzione Democratica e Popolare". L'ideologia della rivoluzione venne da lui definita anti-imperialista nel suo Discorso di Orientamento Politico tenuto il 2 ottobre 1983.
Lottò contro la corruzione, promosse la riforestazione, l'accesso all'acqua potabile per tutti e fece dell'educazione e della salute le priorità del suo governo.
Soppresse molti dei privilegi detenuti sia dai capi tribali, sia dai politici, e attraverso dichiarazioni e gesti molto chiari, applicò con grande coerenza le sue idee. Ad esempio:
- il suo governo incluse un grande numero di donne, condannò l'infibulazione e la poligamia, promosse la contraccezione. Fu il primo governo africano a dichiarare che l'AIDS era la piú grande minaccia per l'Africa;
- Sankara e i suoi collaboratori viaggiavano sempre in classe economica e a ranghi ridotti nelle visite diplomatiche;
- vendette la maggior parte delle Mercedes in forza al governo e proclamò l'economica Renault 5, l'automobile ufficiale dei ministri.
Chi perdona ha vinto
Io vi perdono, si.
Tutti.
Tutti quanti.
E'
servito del tempo ma ho maturato una condizione tale da concedermi il
lusso di aprire gli occhi e rendermi conto che certe cose non servono a
nulla. Ognuno di noi, per la vita altrui, è un tassello. Un pezzo del
mosaico che piano piano ci completa e ci rende unici.
Ci rende angeli.
Ci rende angeli.
Angeli maturi ed immaturi, non buoni o cattivi. Ne ho conosciuti parecchi in vita mia e continuo a conoscerne ogni giorno.
L'amicizia
e l'amore sono due elementi fondamentali che vanno di pari passo, in
sinergia. Chi ti è davvero amico, chi lo è stato, lo sarà per sempre.
Comunque vadano le cose.
Chi ti ama davvero... chi ti ha amato davvero, ti amerà per sempre.
Nonostante tutto.
Un abbraccio, un bacio... non si dimenticano facilmente. Non lo si deve fare mai.
Voglio
ringraziare tutti quelli che, fino ad ora, sono passati "di qua".
Perchè ognuno di voi mi ha lasciato qualcosa, un piccolo involontario
bagaglio che mi è stato utile e che lo sarà per sempre.
Antonio.
American Psyco
Ecco
cos'era che potevo capire, ecco com'era che vivevo la mia vita, ecco
intorno a cosa mi muovevo, ecco come mi relazionavo al tangibile. Questa
era la geografia attorno la quale ruotava la mia vita: non mi era mai
venuto in mente, mai, che la gente fosse buona o che un uomo potesse
cambiare o che il mondo sarebbe potuto essere un posto migliore grazie
ad un sentimento o ad uno sguardo o a un gesto, o al fatto di accettare
l'amore o la gentilezza di un'altra persona. Niente era positivo,
l'espressione "generosità di spirito" non aveva senso, era un clichè,
uno scherzo di cattivo gusto. Il sesso è matematica. L'individualità non
esiste più. Che cosa significa l'intelligenza? Come definire la
ragione? Il desiderio non ha senso. Lìintelletto non è una medicina. La
giustizia è morta. Paura, recriminazioni, innocenza, simpatia, colpa,
perdita, fallimento, dolore, erano cose, emozioni, che nessuno sentiva
più sul serio. Il pensiero è inutile, il mondo è privo di significato.
Il male è l'unica cosa permanente. Dio non è vivo. L'amore non è degno
di fiducia. La superficie, la superficie, la superficie, ecco l'unica
cosa in cui qualcuno trovava un qualche significato... questa era la
civiltà dal mio punto di vista, colossale e frastagliata....
Patrick Bateman
Cattedrali del deserto
...noi
siamo quelli che le edificano, quelle cattedrali. Mattone su mattone, e
proprio in virtù dei nostri sforzi e del nostro delirio di onnipotenza,
si concretizza il messaggio di questi dipinti. Un messaggio
inaspettatamente positivo, che ci esorta a non lasciarci trascinare
dalla folla e fare quello in cui crediamo, far sentire la nostra voce e
credere sempre in un mondo migliore a dispetto di qualsiasi
speculazione.
Quando tutto sarà finito, noi torneremo polvere, i nostri cellulari torneranno polvere, i nostri tesori torneranno polvere, tutto sarà di nuovo polvere e se noi avremo anche una sola occasione per tirare le benedette somme del nostro passaggio, le possibilità saranno solo due: aver vissuto per finta, inseguendo i nostri bisogni, magari riuscendo ad arricchirci oltre misura, oppure aver goduto delle cose più semplici che ci sono passate sotto il naso, lottando per i nostri ideali e costruendo, nel dileggio generale, le nostre cattedrali nel deserto.
Io ci penso sempre alla morte e quello che mi spaventa è andarmene senza lasciare il ricordo di un grande uomo. Al come non ci ho ancora pensato, ma almeno per quanto riguarda le piccole cose quotidiane, per ora posso dire fieramente di non avere mai tradito me stesso.
La mia vita, la nostra vita, continuerà a cambiare repentinamente come ha sempre fatto e il nostro arduo compito sarà starle dietro.
D'altronde la vita è movimento…
Quando tutto sarà finito, noi torneremo polvere, i nostri cellulari torneranno polvere, i nostri tesori torneranno polvere, tutto sarà di nuovo polvere e se noi avremo anche una sola occasione per tirare le benedette somme del nostro passaggio, le possibilità saranno solo due: aver vissuto per finta, inseguendo i nostri bisogni, magari riuscendo ad arricchirci oltre misura, oppure aver goduto delle cose più semplici che ci sono passate sotto il naso, lottando per i nostri ideali e costruendo, nel dileggio generale, le nostre cattedrali nel deserto.
Io ci penso sempre alla morte e quello che mi spaventa è andarmene senza lasciare il ricordo di un grande uomo. Al come non ci ho ancora pensato, ma almeno per quanto riguarda le piccole cose quotidiane, per ora posso dire fieramente di non avere mai tradito me stesso.
La mia vita, la nostra vita, continuerà a cambiare repentinamente come ha sempre fatto e il nostro arduo compito sarà starle dietro.
D'altronde la vita è movimento…
The Flags of our Fhaters
Al termine della lettura del
libro di James Bradley è chiaro il tentativo dell'autore di dare il
maggior risalto possibile alla "eroica figura" dei marines americani
impegnati nello sbarco più sanguinoso della storia.
Iwo
jima (Isola dello zolfo) è una delle più piccole isole dell'oceano
pacifico appartenenti al Giappone e, con il sontuoso vulcano Suribachi
ricopriva, durante il secondo conflitto mondiale, un ruolo chiave nelle
importanti operazioni militari di entrambe le nazioni impegnate sul
fronte oceanico. Era "il portone d'ingresso" dell'impero nipponico.
"Oh, what a beautiful morning,
Oh, what a beautiful day,
I've got a terrible feeling
Everything's comin' my way."
Chiaro spunto
di svariati libri e di tre film (ultimo The flags of our Fhaters e
Lettere da Iwo Jima di Steven Spielberg) la piccola isola del pacifico è
stata lo scenario della maggiore carneficina della storia militare,
molto peggio dello sbarco in Normandia.
Bradley,
figlio di uno dei sei marines che piantarono la "Old Glory", racconta
con impressionante precisione, frutto di uno studio decennale sullo
sbarco e la cultura del Sol Levante, le vicende che con la morte di 600
uomini solo il primo giorno e circa 60.000 nei trentasei totali dell'assedio
resero eroi nazionali sei comunissimi ragazzi appena ventenni facendoli
entrare nel cuore pulsante di ogni americano "colpevoli" di aver
piantato la bandiera della foto.
Le dettagliatissime e
cruente vicende di quel Febbraio del 1945 raccontate da Bradley junior
nel libro lasciano comunque spazio all'obiettivo reale dello scrittore
che punta in modo molto netto a denunciare la guerra in ogni sua forma e
variante mettendone alla luce tutti gli aspetti peggiori (gli stessi
aspetti che hanno reso impossibile la vita a migliaia di marines una
volta tornati in America), risaltando l'umanità disarmante degli stessi
sei protagonisti del libro, dei componenti delle loro famiglie e
l'audacia e l'onore dei Giapponesi.
I
veri eroi di Iwo furono le anime che il Suribachi mantenne con sè ma
Doc, Ira, Mike, Rene, Sousley e Harlon rappresentati nella fotografia
furono determinanti nella vittoria dell'America nel secondo conflitto
mondiale.
"Erano ragazzi di comune virtù
Chiamati al dovere.
Fratelli e figli. Amici e vicini di casa.
E padri."
Nel
libro viene anche smentita la leggenda che narra la falsità della foto o
che comunque sia stata scattata "in posa" cosa che, come detto, oltre
ad essere smentita punta anche diverse volte a sminuire l'importanza
della foto stessa in quanto nessuno dei marines immortalati le ha mai
dato troppa importanza definendola "casuale" e quasi "priva di
importanza".
Un libro sorprendente che sicuramente provoca spesso durante la lettura forti "scosse" emotive al lettore...
Consigliatissimo.
Iscriviti a:
Post (Atom)