giovedì 26 aprile 2012

Il gelido silenzio di Dachau

Ho varcato quel cancello, ho visto quello che resta dei binari che li portavano dentro e per la prima volta in vita mia ho provato una profondissima angoscia. Mi sono sentito in colpa come se fossi uno di quei "turisti dell'orrore", come li chiamano in tv, che scatta le fotografie sul luogo del delitto. Inizialmente mi sono chiesto cosa ci facessi li, perchè tutta quella gente fosse li e soltanto dopo ho capito che nonostante fosse doloroso è necessario non dimenticare per evitare che tutto quello che è successo dentro il campo di concentramento di Dachau possa, un giorno, accadere di nuovo. Ho provato ad immaginarmi al posto di uno dei 41.500 che hanno varcato quel cancello soltanto una volta, mentre camminavo per i corridori della Jourhaus (porta dell'inferno) lungo la lagerstrasse... e stavo per scoppiare in lacrime. Celle, punizioni, torture, esperimenti medici su internati sani e non, camere a gas, forni crematori. Non riesco a capire come sia stato possibile tutto questo. Non riesco a capire come sia possibile che ancora oggi esista qualcuno che possa inneggiare a folli dottrine che hanno causato tutto questo. Quello che è successo in quel luogo non è stata guerra, è stato il materializzarsi del male. 

In memoria.

giovedì 19 aprile 2012

La trappola per topi

Immaginate di rinchiudere qualche centinaio di topi in un campo di bocce, che avete provveduto a recintare con alte pareti di legno, per tre lati su quattro. Il quarto lato – uno di quelli lunghi – non ha bisogno di pareti, poichè subito accanto alla sabbia c’è l’acqua di uno stagno: in quella direzione i topi non potranno andare. Gettate nel campo un pò di cibo, che sia sufficiente a tenerli in vita, ma non a sfamarli tutti. Quando il nervosismo per la fame cresce, e la ricerca di cibo diventa più spasmodica, infilate un dito in uno dei tanti forellini che avete praticato sulle pareti di legno, e aspettate che i topi ve lo morsichino. A quel punto urlate di dolore, prendete lo schioppo e ne fate fuori una decina. 
I topi per un momento si calmano. 
Tornate a gettare del cibo, poi riducetene la dose, lasciate che la fame cresca, tornate a infilare il dito in un forellino, e impallinate nuovamente quelli che ve lo morsicano.  Se qualcuno protesta per il continuo massacro dei topi, mostrategli il dito ferito, e spiegategli che i topi devono imparare a rispettare chi li nutre.  Dopo aver ripetuto il ciclo per un pò di tempo, riducete drasticamente le quantità di cibo, obbligando i topi ad ammazzarsi fra di loro pur di riuscire a sopravvivere. Vedrete così che i più forti riusciranno comunque a nutrirsi, ...

... mentre i più deboli si lanceranno con disperazione verso le pareti, cercando a tutti i costi di uscire da uno dei forellini che avete praticato.  A quel punto vi trovate obbligati a rinforzare le pareti con delle lastre di acciaio, perchè i topi rischiano di scavarsi nel legno una via di uscita.  Niente più forellini, niente più morsicature, niente più punizioni. Interrompete del tutto la somministrazione di cibo, e restate semplicemente a guardare.  Quando lo scompiglio e la disperazione avranno raggiunto i massimi livelli, vedrete che i topi cercheranno di scavare delle gallerie sotto le pareti rinforzate, pur di uscire alla ricerca di cibo.

A quel punto chiedete gentilmente ai vostri amici egiziani di tappare quelle gallerie.

Benvenuti a Gaza.                                                               

Massimo Mazzucco

Onore ad un Uomo

Il 15 Ottobre del 1987 venne ucciso Thomas Sankara, il primo Presidente del Burkina Faso, durante un golpe portato a termine da Blaise Compaoré, suo braccio destro e migliore amico durante gli anni del proprio governo, con l'aiuto della forza imperialista francese.
Thomas Sankara è stato un leader molto carismatico, per tutta l'Africa Occidentale sub-sahariana e viene considerato il Che Guevara africano grazie alla politica rivoluzionaria per la quale ha lottato. Come Presidente, promosse la "Rivoluzione Democratica e Popolare". L'ideologia della rivoluzione venne da lui definita anti-imperialista nel suo Discorso di Orientamento Politico tenuto il 2 ottobre 1983.

Lottò contro la corruzione, promosse la riforestazione, l'accesso all'acqua potabile per tutti e fece dell'educazione e della salute le priorità del suo governo.
Soppresse molti dei privilegi detenuti sia dai capi tribali, sia dai politici, e attraverso dichiarazioni e gesti molto chiari, applicò con grande coerenza le sue idee. Ad esempio:
  • il suo governo incluse un grande numero di donne, condannò l'infibulazione e la poligamia, promosse la contraccezione. Fu il primo governo africano a dichiarare che l'AIDS era la piú grande minaccia per l'Africa;
  • Sankara e i suoi collaboratori viaggiavano sempre in classe economica e a ranghi ridotti nelle visite diplomatiche;
  • vendette la maggior parte delle Mercedes in forza al governo e proclamò l'economica Renault 5, l'automobile ufficiale dei ministri.
Fonte: Wikipedia

Chi perdona ha vinto

Io vi perdono, si.
Tutti.
Tutti quanti.
 
E' servito del tempo ma ho maturato una condizione tale da concedermi il lusso di aprire gli occhi e rendermi conto che certe cose non servono a nulla.  Ognuno di noi, per la vita altrui, è un tassello. Un pezzo del mosaico che piano piano ci completa e ci rende unici.
Ci rende angeli.
Angeli maturi ed immaturi, non buoni o cattivi. Ne ho conosciuti parecchi in vita mia e continuo a conoscerne ogni giorno.
L'amicizia e l'amore sono due elementi fondamentali che vanno di pari passo, in sinergia. Chi ti è davvero amico, chi lo è stato, lo sarà per sempre.
Comunque vadano le cose.
Chi ti ama davvero... chi ti ha amato davvero, ti amerà per sempre.
Nonostante tutto.
Un abbraccio, un bacio... non si dimenticano facilmente. Non lo si deve fare mai. 
Voglio ringraziare tutti quelli che, fino ad ora, sono passati "di qua". Perchè ognuno di voi mi ha lasciato qualcosa, un piccolo involontario bagaglio che mi è stato utile e che lo sarà per sempre.
 
Antonio.

American Psyco

Ecco cos'era che potevo capire, ecco com'era che vivevo la mia vita, ecco intorno a cosa mi muovevo, ecco come mi relazionavo al tangibile. Questa era la geografia attorno la quale ruotava la mia vita: non mi era mai venuto in mente, mai, che la gente fosse buona o che un uomo potesse cambiare o che il mondo sarebbe potuto essere un posto migliore grazie ad un sentimento o ad uno sguardo o a un gesto, o al fatto di accettare l'amore o la gentilezza di un'altra persona. Niente era positivo, l'espressione "generosità di spirito" non aveva senso, era un clichè, uno scherzo di cattivo gusto. Il sesso è matematica. L'individualità non esiste più. Che cosa significa l'intelligenza? Come definire la ragione? Il desiderio non ha senso. Lìintelletto non è una medicina. La giustizia è morta. Paura, recriminazioni, innocenza, simpatia, colpa, perdita, fallimento, dolore, erano cose, emozioni, che nessuno sentiva più sul serio. Il pensiero è inutile, il mondo è privo di significato. Il male è l'unica cosa permanente. Dio non è vivo. L'amore non è degno di fiducia. La superficie, la superficie, la superficie, ecco l'unica cosa in cui qualcuno trovava un qualche significato... questa era la civiltà dal mio punto di vista, colossale e frastagliata....
Patrick Bateman

Cattedrali del deserto

...noi siamo quelli che le edificano, quelle cattedrali. Mattone su mattone, e proprio in virtù dei nostri sforzi e del nostro delirio di onnipotenza, si concretizza il messaggio di questi dipinti. Un messaggio inaspettatamente positivo, che ci esorta a non lasciarci trascinare dalla folla e fare quello in cui crediamo, far sentire la nostra voce e credere sempre in un mondo migliore a dispetto di qualsiasi speculazione.
Quando tutto sarà finito, noi torneremo polvere, i nostri cellulari torneranno polvere, i nostri tesori torneranno polvere, tutto sarà di nuovo polvere e se noi avremo anche una sola occasione per tirare le benedette somme del nostro passaggio, le possibilità saranno solo due: aver vissuto per finta, inseguendo i nostri bisogni, magari riuscendo ad arricchirci oltre misura, oppure aver goduto delle cose più semplici che ci sono passate sotto il naso, lottando per i nostri ideali e costruendo, nel dileggio generale, le nostre cattedrali nel deserto.
Io ci penso sempre alla morte e quello che mi spaventa è andarmene senza lasciare il ricordo di un grande uomo. Al come non ci ho ancora pensato, ma almeno per quanto riguarda le piccole cose quotidiane, per ora posso dire fieramente di non avere mai tradito me stesso.

La mia vita, la nostra vita, continuerà a cambiare repentinamente come ha sempre fatto e il nostro arduo compito sarà starle dietro.

D'altronde la vita è movimento…

The Flags of our Fhaters

Al termine della lettura del libro di James Bradley è chiaro il tentativo dell'autore di dare il maggior risalto possibile alla "eroica figura" dei marines americani impegnati nello sbarco più sanguinoso della storia.
Iwo jima (Isola dello zolfo) è una delle più piccole isole dell'oceano pacifico appartenenti al Giappone e, con il sontuoso vulcano Suribachi ricopriva, durante il secondo conflitto mondiale, un ruolo chiave  nelle importanti operazioni militari di entrambe le nazioni impegnate sul fronte oceanico. Era "il portone d'ingresso" dell'impero nipponico.
 
"Oh, what a beautiful morning,
Oh, what a beautiful day,
I've got a terrible feeling
Everything's comin' my way."
 
Chiaro spunto di svariati libri e di tre film (ultimo The flags of our Fhaters e Lettere da Iwo Jima di Steven Spielberg) la piccola isola del pacifico è stata lo scenario della maggiore carneficina della storia militare, molto peggio dello sbarco in Normandia.
Bradley, figlio di uno dei sei marines che piantarono la "Old Glory", racconta con impressionante precisione, frutto di uno studio decennale sullo sbarco e la cultura del Sol Levante, le vicende che con la morte di 600 uomini solo il primo giorno e circa 60.000 nei trentasei totali dell'assedio resero eroi nazionali sei comunissimi ragazzi appena ventenni facendoli entrare nel cuore pulsante di ogni americano "colpevoli" di aver piantato la bandiera della foto.
Le dettagliatissime e cruente vicende di quel Febbraio del 1945 raccontate da Bradley junior nel libro lasciano comunque spazio all'obiettivo reale dello scrittore che punta in modo molto netto a denunciare la guerra in ogni sua forma e variante mettendone alla luce tutti gli aspetti peggiori (gli stessi aspetti che hanno reso impossibile la vita a migliaia di marines una volta tornati in America), risaltando l'umanità disarmante degli stessi sei protagonisti del libro, dei componenti delle loro famiglie e l'audacia e l'onore dei Giapponesi.
I veri eroi di Iwo furono le anime che il Suribachi mantenne con sè ma Doc, Ira, Mike, Rene, Sousley e Harlon  rappresentati nella fotografia furono determinanti nella vittoria dell'America nel secondo conflitto mondiale.
 
"Erano ragazzi di comune virtù
Chiamati al dovere.
Fratelli e figli. Amici e vicini di casa.
E padri."
 
Nel libro viene anche smentita la leggenda che narra la falsità della foto o che comunque sia stata scattata "in posa" cosa che, come detto, oltre ad essere smentita punta anche diverse volte a sminuire l'importanza della foto stessa in quanto nessuno dei marines immortalati le ha mai dato troppa importanza definendola "casuale" e quasi "priva di importanza".
Un libro sorprendente che sicuramente provoca spesso durante la lettura forti "scosse" emotive al lettore...
Consigliatissimo.